La storia la scrive chi vince - L'ultimo messaggio di Umberto II
ITALIANI!
Nell'assumere la Luogotenenza Generale del Regno prima e la Corona poi,
io dichiarai che mi sarei inchinato al voto del popolo, liberamente
espresso, sulla forma istituzionale dello Stato. E uguale affermazione
ho fatto subito dopo il 2 giugno, sicuro che tutti avrebbero atteso le
decisioni della Corte Suprema di Cassazione, alla quale la legge ha
affidato il controllo e la proclamazione dei risultati definitivi del
referendum. Di fronte alla comunicazione di dati provvisori e parziali
fatta dalla Corte Suprema; di fronte alla sua riserva di pronunciare
entro il 18 giugno il giudizio sui reclami e di far conoscere il numero
dei votanti e dei voti nulli; di fronte alla questione sollevata e non
risoluta sul modo di calcolare la maggioranza, io, ancora ieri, ho
ripetuto che era mio diritto e dovere di Re attendere che la Corte di
Cassazione facesse conoscere se la forma istituzionale repubblicana
avesse raggiunto la maggioranza voluta. Improvvisamente questa notte,
in spregio alle leggi e al potere indipendente e sovrano della
Magistratura, il Governo ha compiuto un gesto rivoluzionario,
assumendo, con atto unilaterale ed arbitrario, poteri che non gli
spettano e mi ha posto nell'alternativa di provocare spargimento di
sangue o di subire la violenza.
Non volendo opporre la forza al sopruso,
nè rendermi complice dell'illegalità che il
Governo ha commesso, lascio il suolo del mio Paese, nella speranza di
scongiurare agli Italiani nuovi lutti e nuovi dolori. Compiendo questo
sacrificio nel supremo interesse della Patria, sento il dovere, come
Italiano e come Re, di elevare la mia protesta contro la violenza che
si è compiuta; protesta nel nome della Corona e di tutto il
Popolo, entro e fuori i confini, che aveva il diritto di vedere il suo
destino deciso nel rispetto della legge, e in modo che venisse
dissipato ogni dubbio e ogni sospetto. ... A tutti coloro che ancora
conservano fedeltà alla Monarchia, a tutti coloro il cui
animo si ribella all'ingiustizia, io ricordo il mio esempio, e rivolgo
l'esortazione a voler evitare l'acuirsi di dissenzi che minaccerebbero
l'unità del Paese, frutto della fede e del sacrificio dei
nostri padri, e potrebbero rendere più gravi le condizioni
del trattato di pace. Si considerino sciolti dal giuramento di
fedeltà al Re, non da quello verso la Patria, coloro che lo
hanno prestato e che vi hanno tenuto fede attraverso tante duirissime
prove.
Rivolgo il mio pensiero a quanti sono caduti nel nome d'Italia e il mio
saluto a tutti gli Italiani. Qualunque sorte attenda il nostro Paese,
esso potrà sempre contare su di me come sul più
devoto dei suoi figli.
Viva
l'Italia!
UMBERTO.
Roma, 13 giugno 1946
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