Memento mori
Memento mori (letteralmente: Ricordati che devi morire) è una nota locuzione in lingua latina.
La frase trae origine da una particolare usanza tipica dell'antica Roma:
quando un generale rientrava nella città dopo un trionfo bellico e
sfilando nelle strade raccoglieva gli onori che gli venivano tributati
dalla folla, correva il rischio di essere sopraffatto dalla superbia
e dalle smanie di grandezza. Per evitare che ciò accadesse, un servo
dei più umili veniva incaricato di ricordare all'autore dell'impresa la
sua natura umana: lo faceva pronunciando questa frase.
L'ordine di stretta clausura dei trappisti, fondato nel 1664, adottò questa frase come motto:
i monaci di quest'ordine si ripetevano tra loro continuamente la frase,
e si scavavano - un poco ogni giorno - la fossa destinata ad
accoglierli, con lo scopo di tenere sempre presente l'idea della morte e quindi il senso della vita, destinata a finire.
Il Memento mori diventa poi popolare nella pittura cristiana della Controriforma, nell'ambito della natura morta. L'esempio più tipico è quello di un teschio posizionato accanto a fiori o frutta.
Fotografie Post Mortem
Prima dell'invenzione della dagherrotipia nel 1839, l'unico modo per tramandare la propria immagine era farsi fare un ritratto
e moltissima gente non poteva permetterselo dati i costi elevati. Dopo
l'avvento della fotografia la gente iniziò a farsi fotografare assieme
ai defunti per avere un ricordo indelebile di essi. Gli studi
fotografici dell'epoca si organizzarono di conseguenza, organizzando le
pose delle foto post mortem sia a casa del defunto, sia presso il loro
studio. Le foto post mortem furono particolarmente in voga nell'Epoca Vittoriana, ove la mortalità infantile
era molto elevata e non di rado le fotografie post mortem erano l'unica
foto che i genitori avevano dei loro figli. Questo aspetto spiegherebbe
perché i soggetti siano per lo più ritratti come se ancora fossero in
vita; con gli occhi aperti, o così dipinti, o addirittura impegnati in
piccole attività quotidiane. Tuttavia, l’abbondanza di fotografie post
mortem che ritraggono soggetti di cui si conservano numerosi altri
scatti (ottenuti quando questi erano in vita), non permette di
affrettare conclusioni. Alcuni recenti studi tendono a dimostrare che
l'usanza vada ricondotta a più antiche e radicate pratiche di tanatometamorfosi
(trattamento delle spoglie). In questo caso, esse rappresenterebbero
una sorta di mummificazione visiva, dove la sembianza di vita sia resa
necessaria per esprimere lo stato di salute dello spirito del defunto.
La successiva invenzione delle carte da visite, cioè delle foto ritratto che consentivano di stampare più copie da un unico negativo, permise che le immagini fossero inviate ai parenti in ricordo dei defunti.
L'evoluzione dello stile
Le prime foto post mortem raffiguravano solamente il viso o il busto ma raramente includevano la bara. Nel periodo dal 1840 al 1860
era di uso posizionare il cadavere in un divano, con gli occhi chiusi e
la testa appoggiata ad un cuscino, in modo da sembrare addormentato in
un sonno profondo. Negli anni a seguire si iniziò a rappresentare i
cadaveri come se fossero in vita, seduti sulle sedie e con gli occhi
aperti; i bambini, invece, sono spesso mostrati mentre riposano su un
divano o in una culla, a volte con un giocattolo preferito o con degli
animali domestici. I bambini molto piccoli venivano sovente fotografati
nelle braccia della madre. L'effetto della vita a volte è stato
rafforzato aprendo gli occhi o dipingendoli sulle palpebre e le guance
del cadavere venivano colorate di rosa. Successivamente le foto post
mortem si limitarono solamente a mostrare il soggetto in una bara,
tralasciando la componente realistica della foto.
Questo tipo di fotografia è ancora praticata in alcune regioni del
mondo, come l'Europa orientale e più in generale tra i fedeli delle
chiese europee orientali sono diffuse foto di santi situati nelle loro
bare. Ancora oggi nei cimiteri è possibile vedere questo genere di foto: esse ritraggono generalmente bambini morti pochi giorni dopo il parto.
Fonte Wiki
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