lunedì 28 maggio 2012

"Nel mettersi in treno" di Arnaldo Fraccaroli


Arnaldo Fraccaroli (1882-1956)
C'è gente che dice, nella imminenza di un viaggio:
- Cinque ore di treno? Dieci ore di treno? Che noia!
C'è dunque della gente che va in cerca di noia per il gusto di volersi annoiare.
Cinque, dieci ore di treno? Ma è una risorsa: basta saperne approfittare.
E' il mondo, una porzione di mondo, che si presenta ai vostri occhi.
E' l'umanita - un buon campionario variatissimo di unamità - che si offre all'osservazione. E guardare il mondo ed osservare il prossimo è cosa istruttiva, sempre.



- In vettura, signori!
Non allarmatevi c'è ancora un po' di tempo. Poco meno d'una volta, percheè adesso i treni partono e arrivano in orario, o quasi. E' una vera calamità ma è così. Tutta una tradizione ottenuta a forza di ritardi ben calcolati, ben distribuiti, sta per tramontare. Il viaggiatore non sa piu come regolarsi. La partenza in orario è fissata alle 6.50: si arriva in stazione alle 6.52, e il treno è già partito. Uno scandalo. Ma una volta, arrivando alle 6.52, si avevo il tempo di prendere un caffè e latte, di aspettare che il cameriere rendesse il resto, di prendere i giornali, e di criticare la mancanza di esattezza nella partenza dei treni... Si respirava.
Adesso invece , fufù, via!
E' il momento dei saluti.
C'è ancora molta gente che saluta, dal treno e dalla banchine. E mi commuove sempre.
Giù, un cappello che si leva, mani che si agitano in un addio, qualche fazzoletto agli occhi ( per le lagrime o il fumo della macchina). Al finestrino un viso che si sporge, un fazzoletto che sventola.
Momento atroce quello degli addii alla stazione.
Ci si vuol bene, si prova veramente il dispiacere di lasciarsi, a volte perfino si prova dolore: eppure si trova che il treno non parte mai.
- In vettura signori!
Addio cara. A rivederci. Un bacio, in fretta. Una stretta di mano. Sbattere gli sportelli. Ricordati caro. Ma figurati! Addio, addio. Un largo gesto di saluto.
E il treno, fermo.
Si va?
Non si va?
Non si va.
Allora la gente dai saluti si immobilizza.
Che fare? Il cerimoniale ormai è già stato esaurito. Ricominciare? Ah, mio Dio! A rivederci caro. Una nuova stretta di mano, il braccio teso dal finestrino, la figura sollevata in punta di piedi dalla banchina: Ricordati cara. Ma figurati. Poi, zitti: non si sa più che cosa dire.
E il treno non si muove...
Che supplizio! Finalmente ecco si scuote, parte... Ah che sollievo.
Addio addio! A rivederci!
Fuori il braccio e la testa dal finestrino( attenti ai pali), poi il fazzoletto. Altri fazzoletti sfarfallano sulla banchina. Addio, addio.
Ma ci sarà bene una svolta che sottragga il treno alla vista della banchina, no?
I fazzolettini in attesa della svolta continuano a sventolare...

Tratto da " Nostra vita Quotidiana" di Arnaldo Fraccaroli

Fonte L'illustrazione italiana

La prima locomotiva normale passata
sotto il tunnel del Sempione -1906

domenica 27 maggio 2012

Il letto acquatico

L'illustrazione italiana
Grazie a questo ingegnoso sistema tedesco si puo riposare comodamente sulle onde, senza essere costretti a fare il "morto".






martedì 15 maggio 2012

La bellezza riduce le capacità cognitive

Una recente ricerca ha concluso che le “performance cognitive” degli uomini eterosessuali degraderebbero nel corso dell’interazione con una donna, un fenomeno che è stato spiegato con il fatto che una parte delle risorse mentali sono impegnate allo scopo di fare buona impressione. Questo fenomeno però non si verificherebbe nelle donne quando devono interagire con degli uomini.
La conclusione è stata approfondita dal Behavioural Science Institute, della Radboud University di Nijmegen, in Olanda, scoprendo che questo si verifica anche quando l’interazione non è “in presenza” (ad esempio, quando un uomo comunica con una donna – o qualcuno che crede una donna – via chat o facebook), ed indipendentemente dalla attrattività della donna.
Non solo, è stato scoperto che anche la sola anticipazione di un interazione, cioè il fatto che un uomo si aspetti di dovere (o poter) parlare con una donna andrebbe ad “abbassare” le capacità cognitive dei maschietti.

Fonte: Discover Magazine

Tsantsa, le teste miniaturizzate



Le tsantsas (o zanza) sono teste umane preparate in modo particolare, usate a scopo trofeale, rituale, o commerciale.
Le tsantsas più note sono preparate dagli indigeni della Melanesia e del bacino del Rio delle Amazzoni, o da Europei o Euro-Americani allo scopo di ricreare questa pratica. In Amazzonia, i soli popoli noti per preparare tsantsas sono gli Shuar, Achuar, Huambisa e Aguaruna, collettivamente noti come Jivaros dell'Ecuador e del Perù.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, due teste tsantsa furono rinvenute nel campo di concentramento di Buchenwald ritenute essere di internati. Una di queste fu poi presentata come prova al Processo di Norimberga dal Pubblico Ministero USA Thomas J. Dodd.
Il procedimento per la preparazione delle tsantsas inizia con l'asportazione dello scheletro della testa. Con un coltello di bambù, si pratica un'incisione verticale dalla base del collo fino al vertice della testa, facendo attenzione a risparmiare i capelli. Si scolla la cute dal cranio facendo particolare attenzione alla faccia. Scollata la cute, il cranio viene gettato via. Si rovescia la testa e si cuciono dall'interno le palpebre. Si rovescia di nuovo la pelle e si cuciono le labbra con lunghe fibre. A questo punto si pone a bollire la testa in acqua contenente cortecce ricche di tannino. La pelle comincia a raggrinzirsi ed assumere una colorazione scura. Dopo un paio di ore, la testa si è ridotta ad un terzo delle dimensioni originarie. Terminata questa operazione, si cuce il taglio iniziale e si ridà forma alla testa. Si preparano quindi dei ciottoli roventi. Il primo, più grande, viene fatto roteare all'interno per eliminare i residui di parti molli. Ciò viene fatto fino a raffreddamento del sasso. Si passa quindi ad un ciottolo rovente più piccolo ripetendo l'operazione. Intanto, con un sasso piatto freddo si sfrega la pelle del volto all'esterno modellandola in maniera da conservare i lineamenti. Questo è un procedimento delicato. Si riempie quindi la testa con sabbia rovente e raschiando l'interno per eliminare ogni residuo di parti molli. La testa si sarà ridotta a un quarto delle dimensioni originali. La pelle viene quindi sfregata con carbone di legna per indurirla e darle la colorazizone scura tipica. Si ritiene altresì che questo sfregamento con cenere impedisca al muisak, l'anima vendicatrice, dal venir fuori dalla testa.
Le tsantsas sono note per il loro prognatismo, la distorsione dei lineamenti del volto e il raggrinzimento delle parti laterali della fronte; si tratta di artefatti del processo di raggrinzimento.
Tra gli Shuar e gli Achuar, il rimpicciolimento delle teste era seguito da un periodo di festeggiamenti.
Si mandava il guerriero più giovane al villaggio in modo che avvertisse le donne. I guerrieri iniziavano a danzare intorno alle tsantsas, intonando un canto. I primi guerrieri danzavano e cantavano con un'intensità crescente per circa mezz'ora. Poi venivano sostituiti da altri. In un secondo momento alla danza e al canto si univano anche le donne.
Inizialmente, restrizioni di ordine culturale mostravano come le morti da conflitti tradizionali erano relativamente rare e poche teste venivano sottoposte al processo di rimpicciolimento. Quando gli occidentali cominciarono a far levitare la richiesta di tsantsas, tuttavia, si verificò un brusco incremento delle uccisioni nel tentativo di soddisfare la richiesta di tsantsas da parte di turisti e collezionisti.Normalmente, in cambio delle tsantsas, gli Shuar chiedevano armi da fuoco, al tasso di un'arma in cambio di una testa. Ma le armi non erano le sole merci di scambio; durante gli anni '30 del XX secolo, quando le teste venivano liberamente scambiate. Ciò ebbe fine quando i governi peruviano ed ecuadoriano portarono avanti uno sforzo comune per mettere il traffico di teste fuorilegge.
Incoraggiati da questo commercio, già dal 1870, popolazioni in Colombia, Panamá ed Ecuador, senza alcun rapporto con i Jívaros iniziarono a realizzare tsantsas fasulle. Venivano usati cadaveri prelevati dagli obitori, o teste di scimmia o di bradipo. Alcuni usavano anche pelli di capra. Kate Duncan scrisse nel 2001 che "Si ritiene che circa l'80% delle tsantsas che si trovano nei musei o in mano a privati sono false," comprese tutte quelle femminili o quelle comprendenti il busto oltre alla testa.
Thor Heyerdahl racconta nel suo libro Kon-Tiki (1947) i grossi problemi nel penetrare nelle regioni Jívaro (Shuar) dell'Ecuador per ottenere legno di balsa per la sua zattera. Le popolazioni locali rifiutarono di guidare la sua squadra nella giunla poiché temevano di essere uccisi e che le proprie teste venissero rimpicciolite.
Dal 1940, è divenuto illegale importare tsantsas negli USA. Nel 1999, il National Museum of the American Indian restituì le tsantsas delle proprie collezioni al governo ecuadoriano. Anche la maggior parte degli altri Paesi hanno messo fuorilege questo commercio. Attualmente, copie di tsantsas vengono prodotte come curiosità per i turisti. Vengono realizzate in pelle o pelli animali modellate per assomigliare agli originali.

Fonte:  http://it.wikipedia.org/wiki/Tsantsa

4 more:   http://www.head-hunter.com/tsantsa.html

lunedì 14 maggio 2012

Memento mori e fotografie post mortem vittoriane


 Memento mori


 Memento mori (letteralmente: Ricordati che devi morire) è una nota locuzione in lingua latina.
La frase trae origine da una particolare usanza tipica dell'antica Roma: quando un generale rientrava nella città dopo un trionfo bellico e sfilando nelle strade raccoglieva gli onori che gli venivano tributati dalla folla, correva il rischio di essere sopraffatto dalla superbia e dalle smanie di grandezza. Per evitare che ciò accadesse, un servo dei più umili veniva incaricato di ricordare all'autore dell'impresa la sua natura umana: lo faceva pronunciando questa frase.
L'ordine di stretta clausura dei trappisti, fondato nel 1664, adottò questa frase come motto: i monaci di quest'ordine si ripetevano tra loro continuamente la frase, e si scavavano - un poco ogni giorno - la fossa destinata ad accoglierli, con lo scopo di tenere sempre presente l'idea della morte e quindi il senso della vita, destinata a finire.
Il Memento mori diventa poi popolare nella pittura cristiana della Controriforma, nell'ambito della natura morta. L'esempio più tipico è quello di un teschio posizionato accanto a fiori o frutta.

Fotografie Post  Mortem


Prima dell'invenzione della dagherrotipia nel 1839, l'unico modo per tramandare la propria immagine era farsi fare un ritratto e moltissima gente non poteva permetterselo dati i costi elevati. Dopo l'avvento della fotografia la gente iniziò a farsi fotografare assieme ai defunti per avere un ricordo indelebile di essi. Gli studi fotografici dell'epoca si organizzarono di conseguenza, organizzando le pose delle foto post mortem sia a casa del defunto, sia presso il loro studio. Le foto post mortem furono particolarmente in voga nell'Epoca Vittoriana, ove la mortalità infantile era molto elevata e non di rado le fotografie post mortem erano l'unica foto che i genitori avevano dei loro figli. Questo aspetto spiegherebbe perché i soggetti siano per lo più ritratti come se ancora fossero in vita; con gli occhi aperti, o così dipinti, o addirittura impegnati in piccole attività quotidiane. Tuttavia, l’abbondanza di fotografie post mortem che ritraggono soggetti di cui si conservano numerosi altri scatti (ottenuti quando questi erano in vita), non permette di affrettare conclusioni. Alcuni recenti studi tendono a dimostrare che l'usanza vada ricondotta a più antiche e radicate pratiche di tanatometamorfosi (trattamento delle spoglie). In questo caso, esse rappresenterebbero una sorta di mummificazione visiva, dove la sembianza di vita sia resa necessaria per esprimere lo stato di salute dello spirito del defunto.

La successiva invenzione delle carte da visite, cioè delle foto ritratto che consentivano di stampare più copie da un unico negativo, permise che le immagini fossero inviate ai parenti in ricordo dei defunti.

L'evoluzione dello stile

Le prime foto post mortem raffiguravano solamente il viso o il busto ma raramente includevano la bara. Nel periodo dal 1840 al 1860 era di uso posizionare il cadavere in un divano, con gli occhi chiusi e la testa appoggiata ad un cuscino, in modo da sembrare addormentato in un sonno profondo. Negli anni a seguire si iniziò a rappresentare i cadaveri come se fossero in vita, seduti sulle sedie e con gli occhi aperti; i bambini, invece, sono spesso mostrati mentre riposano su un divano o in una culla, a volte con un giocattolo preferito o con degli animali domestici. I bambini molto piccoli venivano sovente fotografati nelle braccia della madre. L'effetto della vita a volte è stato rafforzato aprendo gli occhi o dipingendoli sulle palpebre e le guance del cadavere venivano colorate di rosa. Successivamente le foto post mortem si limitarono solamente a mostrare il soggetto in una bara, tralasciando la componente realistica della foto.
Questo tipo di fotografia è ancora praticata in alcune regioni del mondo, come l'Europa orientale e più in generale tra i fedeli delle chiese europee orientali sono diffuse foto di santi situati nelle loro bare. Ancora oggi nei cimiteri è possibile vedere questo genere di foto: esse ritraggono generalmente bambini morti pochi giorni dopo il parto.

Fonte Wiki
































stregoneria_thumb[1] Donna bruciata viva per stregoneria


Probabilmente eravate convinti che “bruciare le streghe” fosse una pratica ormai appartenente al passato. Purtroppo non è così.

Una donna, Phuleswari Halua, 45 anni e madre di cinque figli, è stata bruciata viva da alcuni compaesani, nella cittadina in India dove viveva, appunto perché accusata di essere una strega. Un crimine che ha fatto scalpore in tutto il paese dato che se è vero che molti occidentali hanno dell’India un idea di paese “arretrato”, si tratta comunque di un Paese che si sta affermando come potenza economica e con posizioni di leader in settori anche avanzati (come lo sviluppo del software).
Sembra che i colpevoli sono fuggiti dal villaggio, apparentemente stupiti che i concittadini non avessero approvato la loro “difesa della comunità”, ed è iniziata una massiccia caccia all’uomo per catturarli.
Times of India

domenica 13 maggio 2012

Study links biodiversity and language loss


The decline of linguistic and cultural diversity is linked to the loss of biodiversity, a study has suggested.
The authors said that 70% of the world's languages were found within the planet's biodiversity hotspots.
Data showed that as these important environmental areas were degraded over time, cultures and languages in the area were also being lost.
The results of the study have been published in the Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS).
"Biologists estimate annual loss of species at 1,000 times or more greater than historic rates, and linguists predict that 50-90% of the world's languages will disappear by the end of the century," the researchers wrote.
Lead author Larry Gorenflo from Penn State University, in the US, said previous studies had identified a geographical connection between the two, but did not offer the level of detail required.
Dr Gorenflo told BBC News that the limitation to the data was that either the languages were listed by country or there was a dot on the map to indicate the location.
"But what you did not know was if the area extended two kilometres or 200 kilometres, so you really did not get a sense of the extent of the language," he explained.
"We used improved language data to really get a more solid sense of how languages and biodiversity co-occurred and an understanding of how geographically extensive the language was."
He said the study achieved this by also looking at smaller areas with high biodiversity, such as national parks or other protected habitats.
"When we did that, not only did we get a sense of co-occurrence at a regional scale, but we also got a sense that co-occurrence was found at a much finer scale," he said.
"We are not quite sure yet why this happens, but in a lot of cases it may well be that biodiversity evolved as part-and-parcel of cultural diversity, and vice versa."
In their paper, the researchers pointed out that, out of the 6,900 or more languages spoken on Earth, more than 4,800 occurred in regions containing high biodiversity.
Dr Gorenflo described these locations as "very important landscapes" which were "getting fewer and fewer" but added that the study's data could help provide long-term security.
"It provides a wonderful opportunity to integrate conservation efforts - you can have people who can get funding for biological conservation, and they can collaborate with people who can get funding for linguistic or cultural conservation," he suggested.
"In the past, it was hard to get biologists to look at people.
"That has really changed dramatically in the past few years. One thing that a lot of biologists and ecologists are now seeing is that people are part of these ecosystems."
Luxor (Egitto), 12 mag. (LaPresse/AP) - Stavano celebrando il suo funerale, ma il presunto morto si e' svegliato e la cerimonia si e' trasformata in una grande festa. E' successo in Egitto. Un cameriere di 28 anni, Hamdi Hafez al-Nubi, originario del villaggio di Naga al-Simman nella provincia meridionale di Luxor, aveva avuto un infarto al lavoro ed era stato dichiarato morto. I parenti in lutto lo hanno portato a casa e, come da tradizione islamica, hanno lavato il corpo preparandolo per essere seppellito ieri sera. A un certo punto, però, il dottore chiamato a firmare il certificato di morte si e' insospettito perche' il corpo era tiepido e dopo un'accurata visita ha appurato che il 28enne era vivo. Una volta appresa la notizia, la madre del giovane e' svenuta. Con l'aiuto del medico, tuttavia, si sono risvegliati sia la madre che al-Nubi e si sono aperti i festeggiamenti.